Anche se non vorrai

La fotografa di casa sono io ma rubo un tuo scatto per questo post scritto con l’attesa che il caffè faccia il suo giro.

Non capisco che tempo ci sarà, come non lo capivo quel 15 aprile di 12 anni fa mentre me ne stavo a imprecare davanti all’armadio perché i miei piani di outfit se ne stavano andando a fare un giro, vinti dal clima giocherellone di aprile.

Un libro sui pinguini, lo Shiraz, Elton John.

È iniziato tutto così.

Anno dopo anno, come le perle che servono per formare una collana, siamo arrivati a 12.

Non sono mai stata brava in questo genere di lavori, ho rovinato alcune perle, ho tirato troppo forte il filo rischiando di spezzarlo. L’ho sfilacciato.

La collana però è lì, realizzata con perle una diversa dall’altra.

La indosso anche se non è terminata, aspettando che diventi una lunga Chanel anni 50 di quelle che amo io.

La scorro pensando ai ricordi come fossero le preghiere di un rosario. La immagino riempita di desideri nuovi.

12 anni.

Non sapevamo come fare pace

Un presupposto granitico nella vita di una persona sana di mente, o per lo meno che lo sia nella media, è che ogni azione che un individuo compie ha sempre una motivazione.

Impariamo dai film, parliamo di movente.

Dalla più profonda convinzione al semplice lasciarsi travolgere dagli eventi senza opporre resistenza ma anzi, spingersi con la corrente per distruggere tutto come un fiume in piena, le cose si fanno con un perché.

Per orgoglio. Per paura. Per rabbia. Per desiderio. Per amore. Per apatia. Per vendetta. Per compassione. Per disgusto. Per amicizia. Per senso del dovere. Perché non si hanno alternative. Per esibizionismo. Per autosabotaggio. Per convinzione. Chi più ne ha, più ne metta.

Tutto si fa per un motivo. Sono stata in gioventù una paladina del Meglio rimorsi che rimpianti, senza pensare che spesso la linea è così sottile da confondere i due limiti, e senza sapere che il rimpianto può lasciare qualche sospiro, ma il rimorso lascia lividi, ferite, e si inchioda dietro le palpebre e non ti permette mai più di vivere come prima.

Oggi non piove ma continuo a sentire, per citare uno degli episodi più belli di Modern love, Un elefante seduto sul petto.

Apro una finestra, forse basta solo cambiare l’aria nella stanza.

Ma tu non c’eri

Avevo promesso che non sarei caduta nella mia trappola, nel mio stesso nuotare nelle paludi dei ricordi.

La nostalgia di un dolore accarezzato dai petali dei primi fiori che velano i rami degli alberi mi chiama, come fossi Ulisse, ma senza essere legata.

E il coro ammaliante del cosa succedeva un anno fa, il ricordo di telefonate disperate, del pudore con cui il medico, attonito, mi chiedeva se eravamo consapevoli della situazione, mi pesa sulle palpebre e prova a chiudermi la gola.

Lotto per non permetterlo, perché oggi, un anno dopo, è altro che mi chiude lo stomaco e mi fa contare le piastrelle del pavimento per calmarmi quando mi sento sopraffatta.

Due notti difficili e un conto alla rovescia sono il bilancio di un week end umido e penetrante.

Non parcheggio più sotto i fiori rosa, abbasso lo sguardo di fronte al richiamo della primavera che giorno dopo giorno avanza, imperterrita. Cammina sulle nostre ferite e ci fa capire che si va sempre avanti. Da soli oppure no.

Ma si prosegue.

Meglio se con qualcuno che intreccia le dita alle nostre quando la notte diventa opprimente.

Dove c’è sempre il sole

Correva l’anno 2012.

Era bisestile anche quell’anno, ma io non ho nulla contro questi anni più imponenti, che ti danno un giorno in più per ridere, dormire, lavorare, divertirsi, fare l’amore o litigare.

Nel 2012, come oggi, affrontavo quel piccolo intervento al cuore che avrebbe dovuto togliere le mie fibrillazioni di torno. Avevo i capelli cortissimi, ero disoccupata, stava per iniziare l’incubo con il Vecchio di Merda e non lo sapevo, e mamma mi aveva prestato il suo bellissimo pigiama bianco per l’ospedale perché quello con i maiali, per una trentenne, non andava bene.

L’intervento non riuscì, le fibrillazioni le ho ancora, ho rovinato il pigiama di mamma perché mi sono saltati i punti.

Ripenso spesso a quei due giorni di ospedale, a mia madre al mio fianco per tutta la notte, appisolata sulla poltrona. Alla visita di dimissioni fatta in piedi, in corridoio, già vestita con dei jeans scomodissimi da indossare.

L’inferno che si naterializzó qualche giorno dopo.

Ma poi arrivò il colloquio a Spresiano, il lavoro nuovo, ma soprattutto quello sguardo incrociato con una persona che avrebbe preso la mia vita e l’avrebbe rivoluzionata.

Tutto è iniziato da uno sguardo. E ancora di sguardi mi nutro, quando siamo troppo lontani per confondere le dita delle nostre mani senza capire più quali appartengono a uno e quali all’altro.

Piove da un sacco di giorni e non ho un ombrello decente, ma lascio che l’acqua faccia il suo lavoro per preparare una primavera verde e profumata.

1 anno fa non pioveva mai, la stagione preparava un funerale a mia madre fatto di giornate leggere e petali pallidi che sfidavano la coda dell’inverno.

Ieri sera si è aperta una piccola crepa nel vaso che stavo realizzando per contenere il male, il bello, i ricordi. Ne sono uscite alcune immagini sottoforma di due lacrime che hanno terminato la loro corsa sulla federa blu.

Ma stamattina le guance erano asciutte, ho sognato Finneas che quindi ascolterò in auto, e ho stuccato quella crepa per rimettere il dolore al proprio posto.

E ho pensato che gli errori non si cancellano, non si dimenticano, spesso non si possono perdonare.

Ma nulla ci vieta di far rinascere un fiore dove la terra sembra devastata.

Buon mercoledì

Addormentarsi e poi

Svegliarsi un anno fa.

La casa che era già vuota, un preludio di un ritorno che non ci sarebbe mai stato.

Giornate di sole si inseguivano mentre ascoltavo i pezzi di Sanremo 2023, Tango mi dava lacrime su lacrime per quei lunedì che non arrivavano mai.

Anche quest’anno però i fiori stanno iniziando a spuntare sui rami del ciliegio di fronte a casa, perché come canta Vasco, la vita continua anche senza di noi.

La testa vive in un blend di ricordi ansiosi dell’anno scorso e di ansie nuove per un futuro che scricchiola e che provo a puntellare.

È domenica e sento il mantello nero che prova ad avvolegermi da un paio di giorni. A volte ci riesce ma poi sono più forte di lui. A volte vorrei solo lasciarmi coprire e oscurare tutti gli spiragli di luce che tentano di filtrare.

La gatta mi fa le fusa sul petto, per aiutare.

E un po’, devo dirlo, aiuta.

Il pagellone postumo

Lo pubblico oggi così da non influenzare i voti e quindi l’esito di quesito Festival, non perché non ho avuto tempo di farlo prima eh.

Annalisa: abbiamo la regina dei social. A mani basse proprio. Peccato perché il testo è interessante ma passa in secondo piano al ritornello paraculo. Lei comunque Un talento enorme prestato un po’ troppo al pop becero. Voto 8

Alfa: davvero? La versione italiana sputata di Run degli One Republic e nessuno batte ciglio? Con tutta la simpatia che ho per lui eh, perché è un caro ragazzino. E il duetto con Vecchioni ancora mi fa soffiare il naso più di una crisi allergica. Però no. N. C.

Rose Villain: Bah. A parte che la confondo sempre con Rosa Chemical che di certo mi aveva divertita di più, eccessi a parte, non ho trovato nulla di che nel suo pezzo e nelle sue esibizioni. Voto 6.

Dargen D’Amico: al primo ascolto ho subito pensato che sarebbe piaciuta ai miei bambini. Quel coro da stadio sì prestava proprio al salto forsennato. Poi l’ho ascoltata con attenzione e non penso di aver smesso di avere i brividi e la pelle d’oca. Caro Dargen, la posizione in classifica non ha reso minimamente giustizia alla tua intelligenza. Voto 9.5

Il Volo: premetto che li detesto. Proprio visivamente, vorrei comprarli per prenderli a schiaffi. Ma il Pagellone mi impone di ascoltare tutto, e ho ascoltato anche loro. E devo dire che a momenti preferisco questo pezzo che quello con cui hanno vinto qualche anno fa. Nulla da dire sulle loro capacità vocali. Voto 6.5

BigMama: la conoscevo per motivi diversi dalla sua musica. Il suo brano è accattivante, lei comunque il palco lo tiene bene, non sarà una delle mie inamovibili dalla Playlist però di certo un buon lavoro. Voto 7

A. Amoroso: giuro che anche qui ho provato a depurare il tutto dal pregiudizio. A fingere di sentirla per la prima volta, a non pensare che fosse lei a cantare. Il risultato è che il pezzo voleva essere impegnato ma le è uscito male. Questo atteggiamento poi da martire paleocristiana non lo sopporto. Voto 4

Gazzelle: mi piace la sua coerenza, quel presunto scazzo con cui affronta le cose. In linea con la sua produzione, ha portato se stesso con modestia. Il brano non mi fa impazzire però, di certo ha prodotto di meglio. Voto 6.5

Irama: adorato Filippo, mi manca quando cantavi tamarrate tipo Nera come la tua schiena vestita da sera. Vero che questa tua svolta drammatica pare paghi, ma almeno puoi aprire la bocca quando canti? Voto: 7 comunque perché sei bravo

Sangiovanni: grazie per avermi fatto rimpiangere Farfalle. Voto 2

Il Tre: lui è uno dei miei preferiti degli ultimi anni. Mi piace il suo stile riconoscibile nel mucchio dei suoi simili, mi piace molto come scrive. Questo testo lo sento poi molto vicino in questo momento. Mettiamo anche che se non fosse stato per lui sarei arrivata ultima nel mondo al Fantasanremo. Voto 8

Negramaro: il Sangiorgi stavolta mi ha annoiata. Sempre tutto nel loro stile, i falsetti sempre al loro posto. Però niente di che. Voto 6.5 per la fedeltà

Geolier: mi spiace per tutta la fuffa montata su questo ragazzo dalla fronte bassa e dagli occhiali discutibili. Io sono un po’ retró quando si parla di musica napoletana, per me esiste Pino Daniele in tutte le sue forme e poco altro, tipo i 99 Posse. Sono vecchia. Quindi non ho molto apprezzato questo pezzo ma non si può dire che il giovane non abbia talento. Voto 6.5 ma per mera questione di gusto.

Ghali: ecco, lui proprio non mi piace e non mi piacerà mai. Se leggo il testo della sua canzone senza pensare a lui che la canta diventa tutto molto bello, peccato che non sia una poesia. Voto 6

The Kolors: la SIAE esulta, anche per quest’anno la pagnotta l’hanno portata a casa. Pezzo riconoscibilissimo, marchio che non si può confondere, ritornello più paraculo di quello di Annalisa. A casa nostra purtroppo è già un tormentone. Comunque si lascia cantare e ballare. Voto 7

Loredana Bertè : se avessi potuto scegliere la vincitrice morale, senza esitare avrei votato per lei. La grinta, il carattere, la dedica a Mimì. Un testo che sa di rivalsa e una base notevole. Premio della critica meritatissimo. Grande Loredana. Voto 9.5

Emma: in fondo le voglio bene. Temevo un pezzo lagna come quello di sua comare Amoroso invece Apnea è davvero un brano interessante. Mi sono affezionata al testo. Brava Emma mia. Voto 8

Mr Rain: sarò impopolare e forse insensibile, ma non mi sono commossa con il suo brano. Mi è sembrata una fotocopia sbiadita di Supereroi. Il tema era commovente, ma solo quello. Voto 6

Clara: a parte la figura meschina al Fantasanremo, non ho molto da commentare. Sopravvalutata. Di sicuro molto bella, ma tutto lì. Voto 4

La Sad: e Che vi devo dire. A me sono piaciuti. Un punk un po’ pop, un testo post adolescenziale, la rabbia dei giovani frustrati dalla vita. Penso abbiano pagato il pregiudizio. Io però li ascolto tutte le mattine, perché urlare Vomito anche l’anima prima di entrare in ufficio è catartico. Voto 7

Santi Francesi: i miei vincitori personali. Raffinati, belli, un sound sofisticato e sensuale. Il cantante algido ma intenso. Non parliamo del duetto con Skin o riattacco a piangere. Voto 9.5

Angelina Mango: mi spiace mi sia antipatica. Il pezzo al di là della vittoria di certo si presta alla trasmissione a ripetizione in radio, ai limiti dell’ossessione. Non mi fa impazzire ma i miei figli la sanno già a memoria. Voto 8

Mahmood: non faccio testo. Per me è fuori gara. Ho amato tutto. Il pezzo, la base del testo, il fatto che capivo I CILENI RIPIENI DI ZUCCHERO al posto dei gilet neri, i suoi outfit, le pettinature, la ship con Mengoni, tutto. Voto 11

Ricchi e Poveri: un applauso alla voglia, alla grinta, all’energia. Poi Angela mi passerà il numero del suo pusher. Voto 6.5

Nek e Renga: belli, bravi e simpatici, ma basta. Voto 6

Fiorella Mannoia: cosa vuoi dire a questa signora sempre elegante e sempre piena di proposte interessanti. Il pezzo le sembra disegnato addosso. Poetica. Voto 7

Mannini: non so chi sia, il brano è senza infamia né lode. Il pensiero a Mike mi ha commossa però. Voto 6

Diodato : e qui perdo 130 amici, minimo. Non mi piace. Non. Mi. Piace. Noia i testi. Noia la musica. Non mi piace nemmeno la voce. Non mi piaceva nemmeno quando ha vinto. Voto 5 perché almeno è sobrio e discreto.

Bnkr44: resterò con il dubbio di come si legga il loro nome, però il pezzo mi mette quel pelo di allegria che non mi fa cambiare canzone quando ascolto la Playlist. Voto 6.5

Fred De Palma: io a Fred voglio bene perché le sue canzoni accompagnano le mie estati di questi ultimi anni, però che orrore questo brano. Tra l’altro non sa cantare, è indubbio. Mi chiedo cosa gli sia passato per la testa. Voto 4

E finisco proprio con l’ultimo classificato manco a farlo apposta.

Al 2025, vado a ballare Tuta gold.

Creeping

Gli errori si fanno perché a un certo punto si sceglie.

Hai di fronte un bivio, e scegli.

E sbagli. Oppure no. E se sbagli alle volte ti sbucci le ginocchia e ti fai male solo tu. Alle volte però le tue scelte sbagliate uccidono qualcuno che il tuo errore non lo meritava. Dietro ogni scelta c’è un motivo che non è giustificazione. Perché se provochi dolore meriti di pagarne le conseguenze.

Quindi un marchio resta, resta in te più di una cicatrice. Ma resta nel dolore degli occhi di chi hai ferito. Resta nel dolore e della rabbia delle parole di chi il male del tuo mal fare lo ha subito, inerme.

Quindi le notti ti addormenti sperando.

Ti svegli con il cuore in gola, e speri che sia stato solo un brutto sogno.

Invece no, è una brutta realtà.

Puoi solo provare a migliorare. A mettere balsamo sui dolori e sperare che passino e tornino fuori solo quando c’è brutto tempo o quando cambiano le stagioni.

Puoi sperare nei progetti e nei vestiti leggeri dell’estate.

Sperare.

E fare

Lunedi sarà un giorno difficile, un altro viaggio breve che mi porta il cuore in sospensione.

Ma tornerò.

Con speranza.

Amore è un grande temporale

Gennaio se ne è andato, ho girato le pagine dei calendari appesi a casa, ricordando che febbraio mi darà un giorno in più.

I lampioni non funzionano e quando mi alzo mi aspettano gatte agitate, un grande buio e una buona quantità di speranze.

E questa è una grossa novità per quanto mi riguarda, perché il mio modo di condurre l’esistenza è sempre stato votato al prepararsi al peggio così da non rimanere sorpresi, delusi, illusi.

Che poi non è così, non è che non faccia male lo stesso. Le cose brutte accadono, ti passano sopra, ti fanno buttare fuori tutta l’aria dai polmoni e anche se te lo aspettavi, non eri comunque pronto.

Quindi perché, allora, rovinarsi tutto, mangiarsi le energie, e non godersi le volte in cui magari, alla fine, le cose vanno bene?

Quindi prendo questo pugno di speranze e provo a farle diventare qualcosa di bello, come quando inizio a preparare gli impasti dei lievitati alla sera e il giorno dopo vedo il risultato del mio lavoro.

Ho tantissima paura di tutto ma allo stesso tempo non ho più paura di niente. Penso al finale di un libro che ho letto moltissime volte, molti anni fa, dove la protagonista alla fine di una storia rocambolesca perde tutto: amore, affetti, famiglia, lavoro, e cammina nella nebbia senza più alcuno scopo.

Io di scopi ne ho, e cammino a testa alta anche nella nebbia. Mi trascino un bagaglio che pesa come un transatlantico, ma cammino, progetto, spero.

Arriverà Primavera.

Spero avrà il sapore di un viaggio.

Hopeless place

A 43 anni fare i conti con l’immagine che ti rimandano gli occhi di chi ti ama davvero è più difficile che, a questa età, si possa pensare di fare.

Nello specchio vediamo quello che vogliamo vedere.

In due occhi feriti ma ancora vivi vediamo il nostro Dickensiano essere fatto di un passato nero e doloroso, un presente che si tinge di colori pastello per cancellare il marrone, e un futuro che si vorrebbe.

E come si fa?

Si continua ad appannare il vetro coprendo la nostra immagine con disegni infantili, o finalmente si cresce, ci si apre il petto vincendo la paura, e si lascia che le cose vadano come devono andare, sapendo, per una volta, di aver messo in un’azione il 100% del nostro essere?

Ho sempre pensato che chi nasce tondo non muore quadrato, quindi o io sono nata già quadrata o qualcosa non torna.

Armata di lima smusso angoli. Al momento è tutto asimmetrico e fumoso.

Ma arriverò a farlo rotolare questo cubo.

Vuoi da bere?

Sono il cattivo delle favole.

Una vita a sognare di essere Cenerentola e invece eri la matrigna.

Ero il lupo che mangia Cappuccetto, la strega che avvelena la mela, Ursula che ruba una voce, Madre Gothel che rapisce Rapunzel.

Poi ti raccontano che se prendi consapevolezza di te, dei tuoi errori, è un grande passo perché puoi migliorare.

Ma mi chiedo se serva davvero migliorare se tutto il buono che avevi lo hai perso, o peggio, distrutto.

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