Sono passati molti giorni dal mio ultimo scritto, ma le mie dita si erano bloccate, inibite da una mente che non sta funzionando come dovrebbe, e da un cuore che fa i capricci in tutti i sensi.
Ma oggi, con la testa che frulla tra mille pensieri, dopo aver ricevuto, proprio oggi, un bellissimo messaggio da una persona che ho trattato male e che mi rendo conto che se solo, se solo l’avessi scelta come destinataria di altri messaggi, tempo fa, oggi scriverei una storia diversa.
Indietro non si torna, non si può. Nel bilancio di 42, quasi 43 anni di vita mi rendo conto di come invece ho sempre pensato che se un errore non lo potevo cancellare rifacendo, nel momento dell’inciampo, la cosa giusta, ho ritenuto una saggia via di fuga dalla responsabilità di un’esistenza quasi del tutto finta il sotterrare, il rimuovere, lo scegliere come motto esistenziale “se non ci penso, non esiste”.
Poi il 2023 il conto me lo ha presentato. Salato, senza sconti, con interessi e sanzioni e ingiunzione di pagamento entro pochi giorni dalla notifica.
Me lo ha presentato togliendomi mia madre, anche se quello era un addebito di cui ero a conoscenza con un certo preavviso.
Me lo ha presentato facendomi rendere conto della terra bruciata che mi circonda, dove le sole cose che sono rimaste vive le sto soffocando calpestandole e mancando loro di rispetto.
Me lo ha presentato sciorinandomi un papiro di errori che, come detto prima, avevo cancellato dalla mia memoria.
Me lo ha presentato facendomi vedere, allo specchio, una persona che non sono io, anche se io non so chi sono, ma so, almeno, chi non voglio più essere.
Ed è nel fango nero e soffocante del rimorso per i respiri corrotti degli ultimi anni, nei cocci appuntiti di un cuore frantumato che mi sono resa conto che c’è una mano che si intreccia alla mia senza guardare i movimenti del corpo, senza che gli occhi incrocino i loro sguardi traboccanti di emozioni che fanno a botte tra loro.
Una diga si è rotta, il paese è distrutto ma ogni cosa si può ricostruire.
Perché in quegli occhi c’è tutta una vita che intreccia i fili con la mia. Io vedo un arazzo dove ora ci sono rovine. Vedo rosso, blu e giallo dove ora c’è solo grigia polvere, dove ora si respira nebbia.
E orme sul un bagnasciuga al tramonto, orme che si allineano vicine, in una danza fatta di complicità, consapevoli del fatto che un’onda, ogni volta, passerà a cancellare quel che sono state, ma se ne fregano e continuano creando nuove tracce, sempre diverse, sempre insieme, tenute unite da quelle dita intrecciate senza bisogno di chiedere niente.
Quindi, il bilancio di quest’anno è quello della conta dei danni dopo un terremoto distruttivo, e ci sono tante macerie da spostare per curare i sopravvissuti.
Sarà quindi il 2024 un anno di ricostruzione.
Di cura e di verità.
Di riconoscenza sincera.
Di nuove fotografie.
Finisci, 2023. Finiscimi se serve.
Poi rinascerò, piantando nuovi fiori nel vecchio, amato ma bistrattato giardino, per dargli nuova vita, nuova linfa, nuovi colori e profumi.
Finisci.
E rinasci.